Difesa, professioni sanitarie: al Policlinico militare di Roma l’abusivismo è ancora una drammatica realtà. La Trenta intervenga oggi stesso per fermare chi continua a violare la legge

Nei reparti del Policlinico Militare di Roma, come anche in altre strutture della Difesa o in quelle civili oggetto delle convenzioni di scambio di servizi, c.d. “sanità militare dual-use”, la presenza di militari che a distanza di oltre un anno dall’entrata in vigore della legge Lorenzin, concernente la “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute” (L. 3/2018), continuano indisturbati ad esercitare le professioni sanitarie senza l’iscrizione all’Albo professionale, sembra non preoccupare i vertici della Sanità Militare né tanto meno la Ministra della difesa Elisabetta Trenta.

Eppure, se per un verso nell’immediatezza della nostra denuncia alle competenti autorità giudiziarie lo scorso 14 marzo lo Stato Maggiore della Difesa, riconoscndo l’esistenza e la gravità del problema, ha prodotto una lettera di intenti nel senso da noi da sempre auspicato, dall’altro però non c’è stata alcuna concreta azione per impedire che i militari interessati potessero continuare a violare la legge.

Ci sembra quindi doveroso ricordare, sia ai militari che esercitano una professione sanitaria pur non essendo iscritti ad alcun Albo che ai loro diretti superiori che li comandano e li impiegano direttamente, che le pene previste dall’articolo 348 CP (Esercizio abusivo di una professione) sono rilevanti: reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 10.000 a euro 50.000 per chi esercita abusivamente; reclusione da uno a cinque anni e multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.”.

Comprendiamo le difficoltà, le resistenze e le pressioni a cui è costantemente sottoposta la Ministra Trenta ed è per questo motivo che siamo pronti a darle il nostro contributo per arrivare con urgenza ad una soluzione capace di coniugare le esigenze della Difesa con le norme in vigore per tutto il personale esercente le professioni sanitarie nella pubblica amministrazione.

Infine, ci preme precisare che la nostra disponibilità nei confronti della Ministra è a prescindere dal contestato riconoscimento (assenso ministeriale) che noi non abbiamo mai voluto chiedere nella convinzione che un sindacato che chiede al datore di lavoro il permesso di esistere non è un sindacato, è altro.”

Lo dichiara Luca Marco Comellini, Segretario Generale del Sindacato dei Militari