Sindacato dei Militari: rivolgiamo un appello a tutti i militari: segnalateci senza timore ogni situazione di rischio per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro

Divulgare le informazioni sulla salubrità delle acque di bordo non è reato.

Si è concluso lo scorso 28 febbraio, davanti ai Giudici della Corte militare di Appello, con la sentenza di assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”, il processo al capo di 1^ classe della Marina Militare, Emiliano Boi, che era stato accusato di aver rivelato il contenuto della corrispondenza intercorsa tra il comando della nave Grecale e il laboratorio analisi del Dipartimento Militare di Medicina Legale di La Spezia che provava oltre ogni dubbio la non corretta applicazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 31/2001 in merito ai parametri da analizzare per garantire la conformità all’uso umano delle acque utilizzate per scopi alimentari e di lavanda dal personale imbarcato su quell’unita navale.

Con l’assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato” i Giudici di appello hanno voluto affermare il principio secondo il quale la diffusione di documenti militari che attengono allo stato di informazioni indispensabili alla tutela della salute umana non è un reato. La decisione dei Giudici di Palazzo Cesi apre nuovi scenari nella tutela della salute degli equipaggi delle navi della Marina Militare.

Adesso la forza armata dovrà necessariamente rivedere la sua posizione in merito alla questione “acque di bordo” e dovrà porre rimedio alle lacune che, anche nel corso dei dibattimenti processuali di primo e secondo grado, sono emerse mettendo in evidenza l’inadeguatezza dell’azione amministrativa volta a garantire la corretta applicazione delle norme poste a tutela della salute in relazione alle acque destinate al consumo umano utilizzate dagli equipaggi delle unità navali militari.

Che si tratti dell’acqua utilizzata a bordo di una nave o delle dotazioni di sicurezza per gli equipaggi di un carro armato, di un giubbotto antiproiettile o delle radio in uso al personale dell’Arma dei carabinieri, restiamo fermamente convinti che l’applicazione della Legge non possa essere rimessa alla libera interpretazione del datore di lavoro.

Per questo motivo, se per un verso continueremo a sollecitare sempre maggiori e più rigorosi controlli sulla sicurezza e la tutela della salute nei luoghi di lavoro militari, dall’altro riteniamo doveroso invitare tutti gli appartenenti alle forze armate a segnalarci all’indirizzo di posta elettronica info@sindacatodeimilitari.org ogni situazione che possa rappresentare un concreto rischio perché solo in questo modo potremo agire per tutelarne gli interessi.