Il Covid si batte rispettando le regole. I Ministri Guerini e Speranza e i governatori delle regioni vigilino sul personale sanitario militare impiegato per l’emergenza

La Sanità militare, per poter dare un efficace supporto al Servizio Sanitario Nazionale ed esserne all’altezza in questo momento di emergenza da SARS-CoV-2, deve impiegare personale adeguato al delicato compito che gli è stato assegnato.

Sta entrando nella piena fase operativa l’Operazione Igea, fortemente voluta dal Ministro della difesa Lorenzo Guerini in accordo con il Ministro della Salute Roberto Speranza. L’obiettivo è di istituire 200 teams sanitari composti da un medico, due infermieri più personale logistico per supportare le ASL delle regioni e delle provincie autonome per quel che riguarda l’esecuzione dei tamponi rino/oro faringei all’interno dei cosiddetti Drives Through, le postazioni distribuite sul territorio in cui si preleva il campione direttamente dall’automobile. L’operazione si aggiunge al contributo già attivo degli ospedali militari di Roma e di Milano e dagli ospedali da campo in fase di allestimento come quello all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia.

Un servizio ai cittadini di sicura utilità che permette di decongestionare, almeno un po’, il sistema sanitario preso d’assalto dagli utenti con attese anche di ore. L’iniziativa rientra nella IV missione delle Forze Armate che ha il dovere di intervenire in caso di calamità che interessino il nostro Paese.

A differenza della prima ondata della pandemia, in cui gran parte del personale sanitario delle quattro Forze Armate è stato posto a disposizione al proprio domicilio per causa di forza maggiore, in pratica rimasto inattivo durante l’emergenza, sembra che in questa seconda, grave ondata, la Sanità militare sia chiamata, finalmente, a dare un contributo più organico e completo alla Nazione.

Il Sindacato dei Militari, considerato il suo ruolo di tutela dei cittadini sia come lavoratori sia come utenti dei servizi a cui l’Amministrazione militare è preposta, anche in questo caso, si pone l’obiettivo di monitorare attentamente le attività svolte affinché vengano rispettate le norme che disciplinano lo svolgimento delle professioni sanitarie, per il bene degli utenti militari e civili che necessariamente ricorreranno alle loro cure.

È tristemente nota la realtà vissuta nella prima ondata dell’emergenza coronavirus quando, all’interno degli ospedali da campo, nei servizi territoriali e negli ospedali, sono stati impiegati infermieri non iscritti all’albo professionale e privi di copertura assicurativa; e si è ricorso all’utilizzo di personale di supporto sanitario, i cosiddetti operatori logistici della sanità, non riconosciuti dal Ministero della Salute e privi di qualsivoglia formazione idonea a permettere un’assistenza sanitaria di base, con conseguente, grave rischio di erogazione di prestazioni assistenziali dannose per i pazienti.

Da tempo, il Sindacato dei Militari sta mettendo in guardia gli organi preposti al controllo al fine di sanare tali illegalità e per tale motivo rivolge un appello ai Ministri competenti affinché si assicurino che i medici, gli infermieri ed il personale di supporto impiegati siano idonei a svolgere il delicato compito a cui sono ora assegnati; agli Ordini delle professioni sanitarie, agli assessori delle regioni, ai presidenti delle province autonome e ai direttori generali delle ASL di vigilare affinché tali figure impiegate abbiano i requisiti previsti al pari dei sanitari che operano nel Servizio sanitario pubblico e privato per quel che riguarda la formazione, la corrispondenza ai profili professionali previsti dall’ordinamento vigente, la copertura assicurativa e l’iscrizione agli albi professionali.