Processo Torre piloti bis, Sindacato dei Militari: sentenza condanna è tranciante sconfessione del malinteso senso dell’obbedienza e dello spirito di corpo
Il giorno 15 settembre 2020 si è concluso il primo grado del processo inerente al crollo della Torre Piloti del porto di Genova dovuto alla collisione del mercantile Jolly Nero che ha causato la morte di 9 persone, tra militari e civili. Il Sindacato dei Militari ha appreso con soddisfazione la sentenza che conferma con decisione le responsabilità datoriali in ambito di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Nella requisitoria il Pubblico Ministero, dott. Walter Cotugno, ha chiaramente affermato che i comportamenti improntati alla diligenza dovuta dal datore di lavoro avrebbero certamente sconfessato l’operato dei vertici della Guardia Costiera. Proprio per questo motivo, la sentenza che oggi commentiamo rappresenta una conquista non tanto sul fronte della sicurezza sui luoghi di lavoro, considerando che si limita a ribadire responsabilità già chiaramente affermate dalla legge, quanto piuttosto una rivoluzione copernicana sotto il profilo dell’etica militare; una tranciante sconfessione del malinteso senso dell’obbedienza e dello “spirito di corpo” che ancora oggi permea larghi strati delle Forze Armate, nonostante in molteplici occasioni si sia dimostrato gravemente stridente con il principi cardine dello stato di diritto.
Oggi questa sentenza rappresenta una vittoria di tutti; restituisce dignità e giustizia alle vittime e ai loro familiari, e pone solide basi per un profondo ripensamento dei pilastri fondanti la materia della sicurezza sui luoghi di lavoro negli ambienti militari e della stessa etica militare.
Il Sindacato dei Militari ringrazia ed è vicino ad Adele Chiello Tusa, la madre coraggio che con la sua determinazione incrollabile e con anni di sacrifici ha fatto si che la giustizia arrivasse a stabilire con chiarezza non soltanto le responsabilità dei singoli imputati, ma ancora più in generale cosa vuol dire comportarsi da uomini dello Stato e cosa invece un uomo dello Stato non dovrebbe fare mai.
Adele ha lottato per restituire dignità e giustizia a suo figlio Giuseppe e alle altre vittime dello Stato. Lo Stato gli sia riconoscente.
Nella foto: Adele Chiello Tusa con il figlio Giuseppe.