La Segreteria Nazionale del Sindacato dei Militari, nell’esprimere la massima fiducia nell’opera della Magistratura, non può tacere la forte preoccupazione per la difficile situazione di solitudine e di abbandono da parte delle istituzioni che stanno vivendo e subendo Riccardo Casamassima e sua moglie, con inevitabili ripercussioni nell’ambito familiare, a seguito e per le dichiarazioni che hanno reso possibile la celebrazione del processo per la morte di Stefano Cucchi.
Ieri abbiamo appreso da numerose fonti di stampa che nei confronti dell’appuntato scelto Riccardo Casamassima – il carabiniere testimone chiave del processo per la morte di Stefano Cucchi – e di sua moglie, anche lei militare nell’Arma, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio.
A prescindere dai fatti contestati dalla Procura di Roma all’appuntato scelto Casamassima e a sua moglie, che dovranno essere provati nella giusta sede processuale, la notizia in questione precede di pochi giorni la celebrazione dell’udienza fissata per il prossimo 21 maggio davanti alla dott.ssa Mennuni, Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, che vede lo stesso Casamassima parte offesa a seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Pubblico Ministero, Dott. Giovanni Musarò, nei confronti di 8 carabinieri coinvolti nell’inchiesta bis sui depistaggi legati alla morte di Cucchi.
Ad avviso di questa organizzazione sindacale la notizia della richiesta di rinvio a giudizio di Casamassima e di sua moglie, pubblicata dagli organi di informazione all’indomani delle dichiarazioni che lo stesso appuntato dei Carabinieri ha rilasciato a una agenzia di stampa nazionale per denunciare l’esistenza di un modus operandi che lo stesso militare ha definito come il “Sistema Arma”, appare come una strana e singolare coincidenza.
Il processo Cucchi, lo ricordiamo a noi stessi e a tutti i Carabinieri, oggi vede imputati numerosi militari dell’Arma dei carabinieri e per questo motivo merita la massima attenzione dell’opinione pubblica e dei mezzi di informazione, ma non può e non deve diventare il terreno di scontro per regolare questioni interne alla forza armata che non interessano la ricerca della verità processuale e che rischiano di compromettere la fiducia degli italiani nelle istituzioni.
Chiediamo alla Ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, di intervenire con la massima urgenza possibile affinché quel suo “chi parla sarà tutelato dal ministero”, pronunciato recentemente in occasione di un altro fatto di cronaca che vede coinvolti degli appartenenti all’Arma, non sia la solita frase ad effetto dettata dall’occasione mediatica.
dichiarazione di Luca Marco Comellini – segretario generale del Sindacato dei Militari
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