Sindacato dei Militari: dal 15 febbraio 2018 anche gli infermieri militari che esercitano la loro professione senza essere iscritti all’Albo professionale commettono il reato di cui all’art 348 c.p.

Con l’entrata in vigore della legge 3/2018 chiunque esercita una professione sanitaria deve essere iscritto all’Albo professionale. Cosa sta facendo in merito la ministra della difesa, Elisabetta Trenta, per evitare che migliaia di infermieri militari e delle altre professioni sanitarie che prestano servizio negli enti, reparti e strutture delle forze armate continuino a violare la legge penale?

E chiaro che né la ministra, né i baroni della sanità militare che la circondano, né i vertici militari hanno ben chiara la portata dell’articolo 348 c.p. e le responsabilità penale che la norma fa ricadere sui militari che, non essendo iscritti all’Albo professionale, esercitano abusivamente la professione sanitaria e quelle maggiori che investono il datore di lavoro o coloro che li comandano.

Il Sindacato dei Militari, al fine di garantire la tutela dei propri iscritti, nonché dei fruitori delle competenze degli infermieri militari esercitate in virtù del servizio e delle collaborazioni già in essere tra sanità militare e civile e i fruitori dei servizi erogati dalla sanità militare, ha dato espresso mandato al proprio legale, Avvocato Giulio Murano del foro di Roma per presentare una denuncia nei confronti delle persone che verranno ritenute responsabili del reato previsto e punito dall’articolo 348 c.p..

Rivolgiamo alle competenti autorità giudiziarie un accorato appello affinché intervengano con la massima urgenza consentita per accertare e impedire la prosecuzione dell’abuso esercizio della professione sanitaria da parte di personale militare che opera nell’ambito degli enti, reparti, direzioni e uffici delle forze armate, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza e del Corpo delle Capitanerie di Porto.


Per opportuna memoria riportiamo il testo integrale del vigente articolo 348 c.p. “Esercizio abusivo di una professione”:

  1. Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
  2. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
  3. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

L. 3/2018, art. 12
Testo in vigore dal: 15-2-2018
Art. 12 Esercizio abusivo di una professione
1. L’articolo 348 del codice penale e’ sostituito dal seguente: «Art. 348 (Esercizio abusivo di una professione). – Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attivita’, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attivita’ regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attivita’ delle persone che sono concorse nel reato medesimo».
2. All’articolo 589 del codice penale, dopo il secondo comma e’ inserito il seguente: «Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni».
3. All’articolo 590 del codice penale, dopo il terzo comma e’ inserito il seguente: «Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni».
4. Il terzo comma dell’articolo 123 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e’ sostituito dal seguente: «La detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nella farmacia e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 3.000, se risulta che, per la modesta quantita’ di farmaci, le modalita’ di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si puo’ concretamente escludere la loro destinazione al commercio».
5. Il primo comma dell’articolo 141 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e’ sostituito dal seguente: «Chiunque, non trovandosi in possesso della licenza prescritta dall’articolo 140 o dell’attestato di abilitazione richiesto dalla normativa vigente, esercita un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 7.500».
6. All’articolo 8, comma 2, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, le parole: «siano incorsi per tre volte» sono sostituite dalle seguenti: «siano gia’ incorsi».
7. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo l’articolo 86-bis e’ inserito il seguente: «Art. 86-ter (Destinazione dei beni confiscati in quanto utilizzati per la commissione del reato di esercizio abusivo della professione sanitaria). – 1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice per l’esercizio abusivo di una professione sanitaria, i beni immobili confiscati sono trasferiti al patrimonio del comune ove l’immobile e’ sito, per essere destinati a finalita’ sociali e assistenziali».
8. Al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dopo le parole: «delle professioni sanitarie» sono inserite le seguenti: «e relative attivita’ tipiche o riservate per legge».

Note all’art. 12: – Si riporta il testo dell’art. 348 del codice penale, come sostituito dalla presente legge. «Art. 348 (Esercizio abusivo di una professione). – Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attivita’, la trasmissione della sentenza medesima al competente ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attivita’ regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attivita’ delle persone che sono concorse nel reato medesimo.». – Si riporta il testo dell’art. 589 del codice penale, come modificato dalla presente legge: « Art. 589 (Omicidio colposo). – Chiunque cagiona per colpa [c.p. 43] la morte di una persona e’ punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto e’ commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena e’ della reclusione da due a sette anni. Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni. Nel caso di morte di piu’ persone, ovvero di morte di una o piu’ persone e di lesioni di una o piu’ persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu’ grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non puo’ superare gli anni quindici.». – Si riporta il testo dell’art. 590 del codice penale come modificato dalla presente legge: «Art. 590 (Lesioni personali colpose). – Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale e’ punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309. Se la lesione e’ grave la pena e’ della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se e’ gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e’ della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime e’ della reclusione da uno a tre anni. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. Nel caso di lesioni di piu’ persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu’ grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non puo’ superare gli anni cinque. Il delitto e’ punibile a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.». – Si riporta il testo dell’art. 123 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie «, come modificato dalla presente legge: «Art. 123. – l titolare della farmacia deve curare: a) che la farmacia sia provvista delle sostanze medicinali prescritte come obbligatorie nella farmacopea ufficiale; b) che in essa si conservino e siano ostensibili al pubblico un esemplare di detta farmacopea e uno della tariffa ufficiale dei medicinali; c) che sia conservata copia di tutte le ricette e, qualora si tratti di veleni somministrati dietro ordinazione di medico-chirurgo o veterinario, siano conservate le ricette originali, prendendo nota del nome delle persone alle quali furono consegnate e dandone copia all’acquirente che la domandi. Il contravventore e’ punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 400.000. La detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nella farmacia e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.500 a euro 3.000, se risulta che, per la modesta quantita’ di farmaci, le modalita’ di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si puo’ concretamente escludere la loro destinazione al commercio. Nei casi preveduti nel presente articolo, il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, puo’ ordinare la sospensione dall’esercizio della farmacia da cinque giorni ad un mese e, in caso di recidiva, puo’ pronunciare la decadenza dell’autorizzazione ai termini dell’art. 113, lettera e).». – Si riporta il testo dell’art. 141 del citato regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, come modificato dalla presente legge: «Art. 141. – Chiunque, non trovandosi in possesso della licenza prescritta dall’art. 140 o dell’attestato di abilitazione richiesto dalla normativa vigente, esercita un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 7.500. Il prefetto, indipendentemente dal procedimento giudiziario per l’esercizio abusivo di un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie, puo’ ordinare la chiusura temporanea del locale, nel quale l’arte sia stata abusivamente esercitata e il sequestro del materiale destinato all’esercizio di essa. Il provvedimento del prefetto e’ definitivo.». – Si riporta il testo dell’art. 8 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore» come modificato dalla presente legge: «Art. 8. – 1. Chiunque esercita l’attivita’ di mediazione senza essere iscritto nel ruolo e’ punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma compresa fra euro 7.500 e euro 15.000 ed e’ tenuto alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite. Per l’accertamento dell’infrazione, per la contestazione della medesima e per la riscossione delle somme dovute si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689. 2. A coloro che siano gia’ incorsi nella sanzione di cui al comma 1, anche se vi sia stato pagamento con effetto liberatorio, si applicano le pene previste dall’art. 348 del codice penale, nonche’ l’art. 2231 del codice civile. 3. La condanna importa la pubblicazione della sentenza nelle forme di legge.». – Si riporta il testo dell’art. 86-ter del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 217, recante «Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale», inserito dalla presente legge: «Art. 86-ter (Destinazione dei beni confiscati in quanto utilizzati per la commissione del reato di esercizio abusivo della professione sanitaria). – 1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice per l’esercizio abusivo di una professione sanitaria, i beni immobili confiscati sono trasferiti al patrimonio del comune ove l’immobile e’ sito, per essere destinati a finalita’ sociali e assistenziali». – Si riporta il testo dell’art. 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, recante «Disposizioni in materia di professioni non organizzate», come modificato dalla presente legge: «Art. 1 (Oggetto e definizioni). – 1. La presente legge, in attuazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’Unione europea in materia di concorrenza e di liberta’ di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi. 2. Ai fini della presente legge, per “professione non organizzata in ordini o collegi”, di seguito denominata “professione”, si intende l’attivita’ economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attivita’ riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e relative attivita’ tipiche o riservate per legge e delle attivita’ e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. 3. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attivita’, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge. L’inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed e’ sanzionato ai sensi del medesimo codice. 4. L’esercizio della professione e’ libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilita’ del professionista. 5. La professione e’ esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.».