Esercito, Comellini (Sindacato dei Militari): scopre la grana degli infermieri abusivi e cerca di correre ai ripari ma si dimentica che il reato già è stato consumato. Intervenga la Procura

Il Sindacato dei Militari, da sempre impegnato per garantire il pieno rispetto e la massima tutela del personale militare esercente le professioni sanitarie e dei fruitori delle loro competenze, sia nell’ambito delle Forze armate che nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, non ritiene più tollerabile, a distanza di oltre 14 anni dall’entrata in vigore della legge 43/2006, che sia ancora impiegato il personale sanitario militare sprovvisto dei titoli previsti dalla legge.
Lo scorso 20 aprile la Direzione di Sanità dell’Arma dei carabinieri è corsa ai ripari disponendo il divieto di impiegare nelle attività istituzionali gli infermieri ancora non iscritti all’albo professionale, almeno fino a quando non avranno regolarizzato la loro posizione.
Ora è la volta dell’Esercito che tramite il suo Comando Logistico, con una nota dello scorso 23 aprile a firma del generale di Divisione Arturo Nitti, è intervenuto per porre fine al discutibile fenomeno dell’esercizio abusivo della professione infermieristica ignorando, tuttavia, il divieto di impiegare il personale sprovvisto dell’iscrizione all’albo professionale a cui, come se non fosse stato sufficiente il tempo fino ad oggi trascorso dal lontano 2006, ha concesso ulteriore tempo per mettersi in regola.
Anche in questo caso mi verrebbe da dire “meglio tardi che mai” ma ciò che mi sorprende nella pur sempre tardiva azione di comando messa in campo dal generale Nitti è la giustificazione utilizzata.
Incredibilmente il generale ha preferito puntare il dito sui rischi per l’attività istituzionale e per l’operatività della Forza armata causati dalla mancata o ritardata iscrizione all’albo del personale sanitario militare inadempiente e non, invece, sul fatto che in tale mancanza si configura la violazione dell’articolo 348 c.p..
Anche al generale Nitti voglio ricordare che la legge 3/2018, c.d Lorenzin, non solo ha inasprito le pene non solo per chi esercita abusivamente la professione, prevedendo la punizione con la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da euro 10.000 a euro 50.000 ma ha anche per i professionisti che hanno determinato altri a commettere il reato di esercizio abusivo della professione, prevedendo per questi la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000.
Sono certo che al generale Nitti non sia sfuggito quanto ho voluto ricordare al suo collega generale dei carabinieri Vito Ferrara in merito all’orientamento della Corte Suprema di Cassazione riguardo al delitto di esercizio abusivo di una professione previsto dall’art. 348 cp.
Tuttavia, quanto all’impatto che la deprecabile situazione di illegalità potrebbe avere sulle attività istituzionali e i rischi paventati dal generale, non posso non spezzare una lancia a suo favore in quanto, solo per fare un esempio, ogni accertamento sanitario qualora sia effettuato da personale sanitario non in regola con i titoli richiesti per l’esercizio della professione non avrebbe alcun valore legale, con tutte le conseguenze sui giudizi di idoneità fisica al servizio assunti nei confronti del personale o nelle procedure concorsuali.
Per queste ragioni, difronte all’ennesima palese ammissione di colpa, ritengo sia oltremodo necessario l’immediato intervento dell’Autorità Giudiziaria affinché sia definitivamente stroncato non solo l’esercizio abusivo delle professioni sanitarie nell’ambito delle Forze armate ma anche ogni forma di tolleranza da parete di coloro che esercitano le azioni di comando e determina l’impiego del personale pur sapendolo abusivo.
All’ignaro Ministro della difesa, Lorenzo Guerini, continuo chiedere fino a quando sarà ancora disposto a tollerare queste pericolose situazioni di palese illegalità?