Difesa, Sindacati militari, Comellini (Sindacato dei Militari): gli ammiragli avviano un censimento per conoscere chi sono i militari iscritti ai sindacati non autorizzati? È un pericoloso segnale per i diritti civili e la democrazia. Garante privacy e Presidente Mattarella intervengano

Con una nota dello scorso 28 aprile lo stato maggiore della difesa, rispondendo a un quesito del vertice della Marina, ha continuato a sostenere che “come affermato nella nota sentenza della Corte costituzionale n. 120/2018, è del tutto evidente che i militari non possono iscriversi ai sodalizi non riconosciuti dal Ministro della Difesa” ai sensi dell’artico 1475, comma primo, del decreto legislativo 66/2010, noto come Codice dell’ordinamento militare.

Quanto sostenuto dallo stato maggiore della difesa sembra la solita affermazione priva di  solide basi giuridiche, dettata più dall’avversione delle gerarchie militari verso la nostra organizzazione sindacale – l’unica, per quanto ci consta, che non ha mai abdicato alla propria funzione di tutela degli interessi dei lavoratori con le stellette, piuttosto che una ragionata e costituzionalmente orientata lettura delle norme in questione.

Ciò che seriamente ci preoccupa è invece l’effetto che questa nota a avuto sui comandi dipendenti dallo stato maggiore della Marina che hanno deciso di “darne diffusione al personale militare dipendente e verificare che non vi siano iscritti ai sodalizi non riconosciuti ai sensi del disposto normativo in argomento”.

Il distorto uso del potere amministrativo è immediatamente rinvenibile con la semplice lettura della sentenza nella parte in cui la Corte ha stabilito il ruolo che il Ministro della difesa – non certo i generali o gli ammiragli – è chiamato a esercitare nella fattispecie della costituzione delle associazioni sindacali del personale militare fissandone chiaramente il perimetro nei limiti della semplice verifica della sussistenza dei soli requisiti peraltro già desumibili dall’assetto costituzionale della materia e consistenti nell’organizzazione e funzionamento informati ai principi di democraticità e di neutralità, nell’esclusione della possibilità di adesione o confederazione con associazioni sindacali non militari in conformità al principio di neutralità, nell’esclusione dell’esercizio del diritto di sciopero e nell’esclusione dall’ambito di azione delle materie concernenti l’ordinamento, l’addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego del personale.

Alla luce di un siffatto dettato costituzionalmente orientato, puntualmente disatteso dai vertici militari, appare sicuramente di dubbia conformità alla Carta Costituzionale, finanche se attuata attraverso norme di legge che comunque allo stato non esistono, l’imposizione di requisiti ulteriori, come pure l’introduzione di limiti aggiuntivi a quelli generalmente valevoli per tutte le altre strutture associative sindacali e non. E tale imposizione è certamente da ritenersi illegittima ed inammissibile tanto più se operata attraverso delle semplici circolari, quali quelle che i generali dell’Ufficio di Gabinetto dell’allora Ministra Trenta si inventarono di sana pianta già nel settembre 2018 per rendere sostanzialmente inutile la decisione della Corte costituzionale.

L’avvio di un censimento, il cui esito è rimesso alle conseguenti valutazioni del comandante di corpo degli interessati, è senza ombra di dubbio una palese violazione dei diritti costituzionalmente protetti e delle norme dell’ordinamento che non consentono al datore di lavoro di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle scelte sindacali del lavoratore.

Stravolgere il senso delle norme e della decisione della Corte, prevaricare i diritti dei lavoratori, sono gli allarmanti segnali che ci fanno temere l’avvio delle istituzioni democratiche verso una pericolosa deriva negazionista e autoritaria.

L’avversione e il pregiudizio che i vertici militari e buona parte delle istituzioni parlamentari nutrono nei confronti delle libere organizzazioni sindacali dei militari, cioè quelle che non hanno chiesto il permesso al ministro-datore di lavoro per potersi costituire, è ormai fin troppo evidente e non è più tollerabile in uno stato di diritto.

Per questo motivo la richiesta tesa a conoscere l’associazione sindacale – o professionale a carattere sindacale – a cui è iscritto ogni lavoratore militare, oltre a rappresentare una ingiustificata intromissione nella sfera privata del lavoratore, e quindi una violazione delle norme sulla privacy, se finalizzata all’adozione di provvedimenti disciplinari potrebbe anche configurare uno sviamento di potere e quindi, altre e ben più gravi ipotesi di reato che il Sindacato dei Militari non mancherà di denunciare alle autorità giudiziarie competenti.

Rivolgo quindi un appello al Garante per la protezione dei dati personali affinché intervenga con la massima urgenza consentita per fermare questa ennesima violazione dei diritti dei militari. Allo stesso tempo mi rivolgo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in quanto garante della Costituzione e Capo delle Forze armate, affinché prenda una chiara posizione in difesa dei diritti sindacali di cui, innegabilmente, sono titolari anche i cittadini lavoratori militari.